Una recensione – in ritardo – a «Forno a microonde? No, grazie» di Savero Pipitone (*)
Ci
vuole un’ora o poco più per leggere con calma queste 86 pagine. Se
avete un forno a microonde o intendete acquistarlo vi consiglio di
trovare il tempo – e 5,90 euri, una spesa sopportabile – per dare
un’occhiata a «Forno a microonde? No, grazie» (sottotitolo: «Danni e rischi per la nostra salute») di Savero Pipitone, pubblicato da Macro Edizioni un anno fa.
E’ il primo libro del genere che appare in Italia. L’autore ripercorre la storia del forno a microonde – d’ora in poi fam
– dal «primo magnetron, detto anche tubo di Hull» nel 1921, alla
“scoperta” di Percy Spencer nel 1946, alla commercializzazione l’anno
dopo del «Radarange (da radar+range)», alla grande diffusione negli Usa,
allo sbarco in Italia (fu presentato il 28 settembre 1957 a Torino), a
oggi.
Il
secondo capitolo ha un titolo inquietante, «Il marchingegno domestico
più esplosivo e incendiario del mondo». Ma i rischi per la salute
arrivano soprattutto dalle «evasioni radioattive». Saverio Pipitone ha
intervistato Angelo Gino Levis, «uno dei massimi esperti mondiali di
elettrosmog», che fra l’altro ricorda come, nel 2011, Iarc – cioè
l’Agenzia Internazionale per la ricerca sul Cancro (una struttura
dell’Oms, Organizzazione mondiale della sanità – «abbia classificato i
CEM non ionizzanti tra cui le microonde come “possibili cancerogeni
nell’uomo”». Un allarme che Levis considera ancora troppo cauto,
spiegando che «nello Iarc hanno sottovalutato ampiamente i rischi dei
CEM dato che più del 60 per cento dei partecipanti ai gruppi di
valutazione era gravato da “pesanti conflitti di interesse”, essendo
finanziati da compagnie private interessate alla produzione e alla
diffusione di queste tecnologie». Vivamente sconsigliato – sottolinea
Levis – aprire il forno acceso per controllare lo stato di cottura:
«queste operazioni dovrebbero sempre essere fatte tassativamente
spegnendo prima il forno».
A seguire una «cronistoria» dei dubbi, degli allarmi, delle ricerche e dei processi sulla nocività dei fam ma anche sul legame fra un certo modo “veloce” di nutrirsi e l’obesità.
Il
quinto capitolo affronta «la controversa questione del cancro da
microonde di Hans Ulrich Hertel». Gli industriali denunciarono Hertel
che fu condannato dai giudici svizzeri il quale si rivolse alla Corte
europea per i diritti umani che nel 2008 «condannò la Svizzera a un
risarcimento di 40mila franchi».
Il
libro di Pitone è ben documentato, proprio per questo segnalo che in
alcuni punti sarebbero utili dati più precisi e l’indicazione delle
fonti: scrivere, come a pagina 47, «secondo dati raccolti su Internet in
Inghilterra le persone che hanno subìto lesioni da forno a microonde
sarebbero aumentate dalle 1800 del 1997 alle 2700 del 2002» è troppo
vago, in definitiva non ha alcun valore. Al contrario, per fare un solo
esempio, la notizia del processo vinto – nel 2012 – da Wayne Watson
contro il pop corn preparato col microonde è verificabile: «un tribunale
federale ha stabilito un risarcimento in suo favore per 7 milioni di
dollari, ritenendo colpevoli il produttore e il distributore di non
avere informato adeguatamente i clienti dei rischi salutari che
correvano mangiando il mais». E dopo la sentenza «molti produttori di
pop corn» hanno sostituito «l’additivo dannoso» cioè il diacetile.
Fra
consigli per evitare rischi e riflessioni sul nostro stile di vita
ultra-veloce («che svuota quasi tutte le azioni quotidiane») Pipitone
invita alla prudenza. Perché rischiare? Aspettando indagini
inoppugnabili sul “lungo periodo” conviene essere cauti. La vicenda del
legame fra tabacco e cancro è un drammatico ammonimento: ci sono voluti
decenni perché le ricerche (bloccate dai produttori) approdassero prima
nei media e poi nei tribunali. E ancora più tempo probabilmente ci vorrà
perché si possa rompere “il muro di gomma” – fatto da tanti soldi dati
anche sotto forma di pubblicità – che circonda la pericolosità dei
cellulari. E dei forni a microonde. Nel frattempo… meglio cucinare
all’antica.
(*) Questa sorta di recensione va a collocarsi nella rubrica «Chiedo
venia», nel senso che mi è capitato, mi capita e probabilmente
continuerà a capitarmi di non parlare tempestivamente in blog di alcuni
bei libri pur letti e apprezzati. Perché accade? A volte nei giorni
successivi alle letture sono stato travolto (da qualcosa, qualcuna/o, da
misteriosi e-venti, dal destino cinico e baro, dalla stanchezza, dal
super-lavoro, dai banali impicci del quotidiano +1, +2 e +3… o da chi si
ricorda più); altre volte mi è accaduto di concordare con qualche
collega una recensione che poi rimaneva sospesa per molti mesi fino a
“morire di vecchiaia”. Ogni tanto rimedio in blog a questi buchi,
appunto chiedendo venia.
Però, visto che fra luglio e agosto ho deciso di recuperare un bel po’
di queste letture e di aggiungerne altre, mi sa che alla fine queste
recensioni recuperate e fresche terranno un ritmo “agostano” quasi
quotidiano, così da aggiornare in “un libro al giorno toglie db di
torno” quel vecchio detto paramedico sulle mele. D’altronde quando ero
piccino-picciò e ancora non sapevo usare bene le parole alla domanda
«che farai da grande?» rispondevo «forse l’austriaco (intendevo dire
“astronauta” ma spesso sbagliavo la parola) oppure «quello che gli
mandano a casa i libri, lui li legge e dice se van bene, se son belli».
Non sono riuscito a volare oltre i cieli, se non con la fantasia; però
ogni tanto mi mandano i libri … e se no li compro o li vado a prendere
in biblioteca, visto che alcuni costano troppo per le mie attuali
tasche. «Allora fai il recensore?» mi domandano qualche volta. «Re e
censore mi sembrano due parolacce» spiego: «quel che faccio è leggere,
commentare, cercare connessioni, accennare alle trame (svelare troppo
no-no-no, non si fa), tentare di vedere perché storia, personaggi e
stile mi hanno catturato». Altra domanda: «e se un libro non ti piace,
ne scrivi lo stesso?». Meditando-meditonto rispondo: «In linea di
massima ne taccio, ci sono taaaaanti bei libri di cui parlare perché
perder tempo a sparlare dei brutti?». (db).
[Recensione del giornalista Daniele Barbieri pubblicata il 19 Agosto 2015 su www.labottegadelbarbieri.org].