Glifosato: lo abbrevierò con “G” per raccontarne le gesta; per quanto nell’antica simbologia alchimistica il segno alfabetico significhi “creazione”, nel nostro caso è sinonimo di “distruzione” in un mondo consumato nel giro di un solo secolo da inquietanti tecno-manipolazioni della natura.
G nasce nel 1950 per mano del chimico Henry Martin della casa farmaceutica
svizzera Cilag. Viene al mondo come acido debole dal nome tecnico-chimico di
N-(fosfonometil)glicina e dall’aspetto solido inodore. È un derivato della
glicina, il più semplice degli amminoacidi; nell’unione con elementi fosfonati,
si struttura nella formula molecolare C3 H8 NO5 P con un composto di atomi di
azoto, fosforo, carbonio, idrogeno e ossigeno. Non ebbe però alcuna
segnalazione o pubblicazione nella letteratura scientifica perché senza
funzioni farmacologiche.
La storia di G
Nel 1959, la
Cilag viene acquistata dalla multinazionale medica
statunitense Johnson&Johnson, che dismise diversi campioni di ricerca e per
G comincia un’odissea, con il girovagare da un’azienda all’altra nel mercato
della chimica. Sta per svanire quasi nel nulla, quando la Stauffer Chemical
di New York lo brevetta nel 1964 come legante degli ioni metallici, grazie agli
elevati e ravvicinati atomi di ossigeno che agiscono da addensanti, e viene
usato per la pulizia di tubi agricoli. Negli anni successivi, approda nella
divisione agricoltura della Monsanto tra gli acidi aminometilfosfonici, che
erano stati inizialmente studiati per potenziali addolcitori d’acqua e il
dottor Phil Hamm, a capo del programma di screening sugli erbicidi, osserva che
alcuni di essi possiedono caratteristiche diserbanti, ma non mostrano
un’attività unitaria e necessitano di approfondimenti scientifici, e ne affida
la ricerca al giovane ed esperto chimico John Franz. In una giornata del 1970,
nel laboratorio della Monsanto echeggia l’esclamazione archimedea «EUREKA, lo
abbiamo trovato!» per il rinvenimento delle peculiarità pesticide di G, dopo tre
anni di sperimentazioni. «Avevo fatto vari tentativi falliti sugli analoghi
dell’acido aminometilfosfonico», spiegò all’epoca Franz, «ed ero pronto a
lasciar perdere, ma poi ho adottato dei metodi chimici innovativi selezionando
una lista di 7-8 composti che, metabolizzati nelle piante, si comportavano
diversamente rispetto agli altri e il glifosato, terzo dell’elenco, era quello
adatto».
I poteri del
glifosato
Ecco i poteri di G:
- inibitorio dell’enzima 3-fosfoshikimato 1-carbossiviniltransferasi (o EPSPS), che alimenta la crescita e la difesa delle piante con la creazione di amminoacidi aromatici (fenilalanina, triptofano, tirosina) nel processo di fotosintesi clorofilliana;
- chelante con l’immobilizzo di nutrienti minerali del suolo quali calcio, magnesio, rame, ferro, manganese, cobalto, nichel e zinco, rendendoli indisponibili per le funzioni di biosussistenza generate dagli enzimi;
- traslocante con penetrazione nell’organismo vegetale in modo totale e non selettivo.
Un autentico natural born killer, che pervade ad ampio spettro e indistintamente le piante, a cui toglie il nutrimento, uccidendole. È brevettato con registrazione US 3.799.758 come principio attivo nella formulazione originale per erbicidi dal nome commerciale Roundup (tradotto in italiano significa “retata”), che la Monsanto lancia nel 1974; nella fase iniziale diffuso per uso agricolo negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in Malesia, raggiunge nel 1976 il Canada espandendosi poi in tutto il mondo. Nel 1994, la rivista statunitense «Farm Chemicals» lo inserisce tra i 10 migliori prodotti che hanno radicalmente cambiato l’agricoltura, mentre l’inventore John Franz (ritiratosi nel 1991) è onorificato nel 1987 dal presidente Ronald Reagan con la National Medal of Technology and Innovation e nel 1990 dall’industria chimica con la medaglia Perkin. Il Roundup è commercializzato in polvere, granuli e liquido da diluire in acqua, con un contenuto di G come ingrediente attivo che può variare dal 15% al 75% circa, mentre una restante parte è composta da sostanze inerti, senza attività pesticida, come solventi, disperdenti, emulatori e surfattanti, inseriti nel formulato per potenziarne l’efficacia, specialmente in caso di avverse condizioni meteo per caldo, gelo o piogge, ma anch’essi tossici e quasi sempre non dichiarati in etichetta perché coperti da segreto industriale.
L’erbicida va applicato con equipaggiamenti a spruzzo per uso agricolo, forestale, urbano e domestico. È assorbito dalle foglie in 1 ora e traslocato in 24-48 ore dalla linfa alle radici fino agli apparati riproduttivi: bulbi, tuberi e rizomi. In 10-15 giorni, la pianta appassisce, ingiallisce, dissecca e scompare. Il 95% degli agricoltori lo utilizza nelle coltivazioni arboree, orticole e cerealicole per eliminare dalle 100 alle 300 infestanti annuali o perenni, dal farinello al centocchio fino al cardo asinino (che peraltro sono nutrienti erbe commestibili), allo scopo di evitare danni o perdite nel raccolto, con un risparmio di tempo e denaro rispetto alle tradizionali pratiche agronomiche manuali che, esigendo molta manodopera, sono lente e dispendiose. In ambito extra-agricolo, è adottato nel giardinaggio hobbistico o professionale, nella manutenzione di bordi stradali o binari ferroviari e nel verde pubblico.
In Germania, l’operatore ferroviario Deutsche Bahn,
spruzzandone oltre 60 tonnellate all’anno, è uno dei più assidui utilizzatori
di G. In Italia (dove debutta nel 1977), è stato ampiamente impiegato nel “Progetto
Pompei” del 1988 con la defogliazione del sito archeologico. Dall’agosto del
2016 sul territorio nazionale vige però il divieto di spargerlo nelle aree
pubbliche maggiormente frequentate dalla popolazione, cioè parchi, giardini,
zone ricreative, complessi scolastici e strutture sanitarie. Nel privato,
chiunque può invece facilmente acquistare l’erbicida, per usarlo negli spazi
verdi della casa o del condominio.