I primi guerrieri notano che le ferite dal lato del cuore sono mortali, così tengono lo scudo a sinistra e la spada con la destra. Perciò la mano armata merita onori e privilegi? In ogni caso alla sinistra toccano biasimi e compiti subalterni. Di questo antagonismo c’è traccia anche in quelle scritture definite sacre: dato che nella tradizione giudaico-cristiana l’anima si rivela attraverso il corpo, i mancini sono considerati malefici, degenerati e delinquenti. Gente fatta a rovescio dice Francisco de Quevedo [politico e poeta spagnolo del XVI secolo] che spiega: «quando la giustizia comanda di tagliare a uno la mano destra per delitto di ribellione, la pena non è il taglio ma il farlo mancino». Si ribellano gli Illuministi ma è solo quando la legge francese del 23 aprile 1832 abolisce le peni corporali che il pregiudizio [il mancinismo è pericoloso, sovversivo] si attenua. Eppure nelle scuole si continua a imporre ai bambini l’uso della destra per scrivere. A cavallo fra ‘800 e ‘900 la nascente criminologia ipotizza che un alienato sia mancino o abbia avuto contatti con chi lo è; Cesare Lombroso vede il sinistrorso «affetto da problemi alla personalità per regressione dell’evoluzione mentale». Un apparente esempio di infrazione alla destrocrazia è al British Museum di Londra in una miniatura di Roman de Fierabras del XV secolo: Carlo Magno saluta Gano con la mano destra e questi ricambia alzando la sinistra. Ma quel gesto anticipa il tradimento di Gano verso il paladino Rolando, che muore nell’agguato della battaglia di Roncisvalle. Ecco un’altra prova che non bisogna fidarsi di chi privilegia la sinistra. Tutto sbagliato secondo Martin Gardner che nel geniale «L’universo ambidestro» difende con passione “la minoranza mancina” partendo da simmetrie e asimmetrie [il testicolo sinistro di solito è più in basso] del corpo umano, dalle giostre in senso anti-orario o dalla convenzione occidentale di leggere e scrivere verso destra. Neppure l’infallibile Gardner risulta esente da pregiudizi, sia pure opposti: infatti arruola un po’ forzatamente Leonardo Da Vinci fra i mancini.
[Articolo di Saverio Pipitone con pubblicazione nell'aprile 2005
sulla rivista Carta Cantieri Sociali e oggi ripubblicato nel blog].