Per effetto di COVID-19, il supermarket è assaltato con primordiale istinto di sopravvivenza e diviene luogo di eccezione per approvvigionamenti da bunker.
Smette di funzionare quella morsa manipolatoria, progettata a priori dalla distribuzione organizzata, con l’efficiente allocazione di layout, display e merchandising, che conduce in un percorso antiorario e rallentato all’ingresso da allettanti sconti o promozioni, nell’impercettibile sottofondo di musica soft, per impostare il ritmo di andatura e allungare il tempo di permanenza, tra illuminate e colorate merci ad altezza occhi e alla ribalta in confacenti ripiani, o nelle corsie interne ed angoli remoti per accrescere il flusso dei passaggi, all’unico scopo di vendere fino al 50% in più.
Nel panico pandemico, fra code e attese, siffatte tattiche
svaniscono, così pure la relativa condizione di serendipity in cui 2/3 delle compere è inatteso perché indotto. La
spesa cambia, è anomala, fatta in modo solerte e avveduto, il carrello riempito
di beni essenziali e primari quali farina,
lievito, conserve, burro, riso, pasta, latte UHT e uova, con l’idea del
bricolage culinario e di non sprecare nulla.
Decresce l’acquisto di snack, merendine e pietanze pronte o industriali, che di solito
sono a marchio delle grosse multinazionali e collocati al meglio negli scaffali
per persuadere al consumo, anche se stracolmi di grassi, zuccheri, sale,
additivi, coloranti, contaminanti neoformati ed altri artifici.
Il professore di epidemiologia genetica Tim Spector, nel
magazine on-line TheConversation, consiglia in questo periodo di limitare le derrate
ultraprocessate e nutrirsi di molti vegetali o in generale seguire una dieta
mediterranea, per supportare il microbioma intestinale che, se diversificato e
sano, rinforza le difese immunitarie.
Pubblicazioni scientifiche degli ultimi anni mostrano per
l’appunto la dannosità degli alimenti trattati e poco puri. Equipe di epidemiologi,
medici, nutrizionisti e ricercatori, li collegano ad un maggiore rischio di
soprappeso e obesità, diabete di tipo 2, ipertensione, patologie
cardiovascolari, cancro, mortalità per tutte le cause, disturbi funzionali
gastrointestinali, sintomi depressivi o malessere mentale, fragilità negli
anziani, asma e respiro sibilante negli adolescenti, colesterolo nei bambini in
età prescolare (link studi: 1
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12).
Qualche giorno fa la rivista di salute pubblica BMC ha
invece divulgato uno studio
che documenta una riduzione della predisposizione dei bambini al cibo
spazzatura se allattati al seno fino a 2 anni, insieme ad un’adeguata
alimentazione, generandosi un grande potenziale anticorporale per prevenire
problemi di salute. Da aggiungere che bisogna preservarli anche dopo lo
svezzamento e nelle età successive, soprattutto ai primi segnali di shopping
autonomo dei 9-12 anni, tenendoli per quanto possibile lontani dal teleschermo,
per un’educazione alla vita, anziché addestrarli al mercato. Per lo scrittore
Joel Bakan, l’assalto all’infanzia cominciò nel 1980 con il trionfo del neoliberismo
e la deregolazione delle Corporation.
È quindi preferibile che gli adulti adoperino il cervello e
in quarantena c’è tutto il tempo per farlo, evitando l’influenza ipnotica ed
assuefante di reclame e media, per iniziare a comprendere e distinguere i
bisogni veri da quelli superflui o fasulli che, come insegnava già nel 1964 il
filosofo Herbert Marcuse nel libro “L’uomo a una dimensione”, «vengono sovrimposti all’individuo da parte di
interessi sociali particolari cui preme la sua repressione: sono i bisogni che
perpetuano la fatica, l’aggressività, la miseria e l’ingiustizia. […] il
bisogno di rilassarsi, di divertirsi, di comportarsi e di consumare in accordo
con gli annunci pubblicitari, di amare e odiare ciò che altri amano e odiano,
appartengono a questa categoria di falsi bisogni. […] determinati da potenze
esterne, sulle quali l’individuo non ha alcun controllo […]. Si prenda un
esempio (sfortunatamente fantastico): la semplice assenza di ogni pubblicità e
di ogni mezzo indottrinante di informazione e di trattenimento precipiterebbe
l’individuo in un vuoto traumatico in cui egli avrebbe la possibilità di farsi
delle domande e di pensare […] dovrebbe imparare di bel nuovo il suo ABC».