di Saverio Pipitone [pubblicato il 17/11/2019 nel Blog di Beppe Grillo]
«Evviva si torna a vendere hamburger!», esclamò un dirigente di McDonald’s quando seppe delle dimissioni nel 1967 di Harry Sonneborn, che fu il primo presidente e CEO della compagnia.
Di lui, il proprietario Ray Kroc che lo assunse nel 1955, raccontava: «Harry era esattamente il tipo di uomo che mi serviva per far decollare McDonald’s. Si seppellì sotto pile di libri e imparò a padroneggiare i dettagli dei contratti e delle manovre finanziarie bene quanto avvocati e banchieri».
Ebbe infatti la visione immobiliare nell’affiliazione
commerciale, come parte di un programma di marketing a lungo termine, che
consisteva nel prendere in locazione un terreno e costruirci il ristorante, per
concederli in subaffitto all’affiliato, che attraverso la vendita di hamburger
avrebbe pagato il canone, con il generarsi di un flusso di denaro destinato a
coprire il mutuo – frattanto stipulato con gli istituti finanziari – per comprare
l’intero lotto: terra e edificio. Egli affermava: «Noi non siamo tecnicamente
nel settore alimentare. Siamo nel settore immobiliare. L’unico motivo per cui
vendiamo hamburger da quindici centesimi è perché sono i maggiori produttori di
entrate, dai quali i nostri inquilini possono pagarci l’affitto».
È poi andato via per contrasti gestionali con lo stesso
Kroc, ma lasciandogli il suo vincente modello di business che in quegli anni
apportò un guadagno vero e permise di estromettere i fratelli Dick e Mac
McDonald, acquistando da essi il marchio, i diritti d’autore e le formule
dell’innovativo Speedee Service System
per assemblare panini low cost, in
serie e tutti uguali. Venne creata una rete distributiva globale con l’insegna
di due giganteschi archi dorati a forma di un’arrotondata lettera “M”. All’epoca,
lo psicologo e designer Louis Cheskin esortò a mantenere tale logo perché,
seguendo il simbolismo freudiano, fa immaginare nell’inconscio dei nutrienti
seni materni che attraggono l’affamato consumatore.
McDonald’s è adesso quotata alla Borsa di New York ed i
principali azionisti sono gli agguerriti fondi speculativi The Vanguard Group e
BlackRock. È presente in 120 Paesi con 37.855 fast-food (erano 11.800 nel
1990), di cui 2.770 gestiti in proprio e 35.085
in franchising, che sono ubicati in zone ad
alta densità d’utenza oppure nelle vicinanze di luoghi prestigiosi – da Fontana
di Trevi a Roma al Big Ben di Londra e dall’8th Avenue di Manhattan alla Piazza Rossa di Mosca.
Da bilancio 2018, in
dollari, risulta possedere un ammontare di 5,5 miliardi di terreni con 15,3
miliardi di fabbricati ed altri 12,8 miliardi di edifici su aree rilevate in
locazione, utilizzandoli completamente per l’operatività aziendale. Il
fatturato è di 21 miliardi, di cui: 10 miliardi dai ristoranti a gestione
diretta con margine di guadagno di 1,7 miliardi; 11 miliardi dal franchising, a
sua volta suddivisi per circa il 65% affitti e 35% royalties, pagati ogni mese dal
franchisee, con un’elevatissima redditività di 9 miliardi.
McDonald’s è sempre stata una enorme e proficua immobiliare,
permanendo tuttora il modello “Sonneborn”. L’ex CEO Steve Easterbrook, dal 2015
l’ha ulteriormente potenziato per evolvere in modo graduale verso un’attività
di puro franchisor. Ha inoltre puntato sull’intelligenza artificiale con la sperimentazione
della tecnologia Drive Through, che
al McDrive registra le targhe delle auto per
offrire menù personalizzati sulla cronologia delle ordinazioni. Dall’inizio
di novembre 2019, il nuovo CEO è Chris Kempczinski che proseguirà le politiche
del predecessore Easterbrook, il quale è stato rimosso per violazione del
codice di condotta interno, avendo avuto una relazione con una dipendente,
dicono «consensuale», anche se nella catena di fast-food ci sono continui casi
di molestie, abusi e discriminazioni sessuali in un precario ed alienante
contesto lavorativo.
Lo sfruttamento ambientale è invece abbattuto di oltre il
90% con gli hamburger vegani, a base di proteici tofu o fagioli e piselli. Nella
fabbrica di Günzburg i macchinari possono già produrli. Una recente ricerca
dell’Università di Cambridge ha mostrato che i giovani scelgono cibo
vegetariano.
Se, per McDonald’s, l’hamburger non è mai stato un fine ma solo un mezzo per redditizie entrate immobiliari, cosa aspetta a convertirsi del tutto al green food? Farebbe un gran favore al Pianeta!