Fenomeno crescente del XXI secolo è l’accaparramento della
terra o land grabbing. Colpisce Africa, Asia, America Latina ed Est Europa,
dove molto spesso i Governanti vendono o affittano i terreni alle multinazionali
dell’industria e della finanza, espropriandoli ai piccoli contadini che, ridotti
in miseria, diventano migranti economici.
Nei Paesi poveri o in via di sviluppo, le terre agricole – sempre più scarse a causa dell’urbanizzazione e del cambiamento climatico – che sono state accaparrate dal 2000 al 2018 ammontano in 31 milioni di ettari, di cui 19,7 milioni per alimenti e 9,7 milioni per biocaburanti, con nuove forme di latifondo per moltiplicare la produttività al fine di guadagnare dall’impennata della domanda di mercato che si avrà con il boom demografico della popolazione globale dagli attuali 7,6 miliardi a 9,7 miliardi nel 2050 e 11 miliardi nel 2100.
Da qualche tempo pure gli Stati Uniti sono bersaglio
dell’accaparramento terriero. Le aziende dell’agrobusiness e i fondi di
investimento cercano di impossessarsi dei suoli arabili con determinate peculiarità:
posizione favorevole, ampia dimensione, fertilità, fonti d’acqua, colture
geneticamente modificate, agricoltura di precisione, diritti di proprietà, assicurazione
sul raccolto, contributi pubblici. In prevalenza sono campi dai 1.000 agli
oltre 5.000 ettari
per rendimenti medi intorno al 10% annuo, con una produzione intensiva specialmente
di mais, grano e soia.
Le monocolture su larga scala negli USA sono sorrette dal
Governo con un sistema sovvenzionato a rischio zero. Se il profitto per ettaro
diminuisce, scattano i sussidi federali per aggiungere nuovi terreni in modo da
accrescere la redditività; un’ulteriore espansione è incentivata dai mandati
statali per biocarburanti con la conversione di superfici erodibili e in zone
umide. Nel caso di avversità naturali o rese abbondanti con eccesso di offerta
che abbatte i prezzi, interviene la polizza assicurativa finanziata per il 60% dalle
istituzioni pubbliche.
Le grandi fattorie dispongono poi di ingenti capitali per
accedere alla costosissima tecnologia agricola tra OGM con pesticidi e fertilizzanti,
editing genetico, attrezzature automatizzate e droni, per coltivazioni su
vastissime estensioni.
Le piccole e medie imprese agricole, per mancanza di
risorse, sono invece costrette a cessare e cedere l’attività o falliscono: dall’Arkansas
al Dakota, la percentuale delle bancarotte è più che raddoppiata nel periodo
2008-2018. Nei prossimi 20 anni ci saranno inoltre parecchi contadini in età
pensionabile che venderanno la terra, ma considerando che i giovani, benché
manifestino volontà ed entusiasmo, non hanno il denaro o il sostegno pubblico e
bancario per comprarla, è prevedibile che finisca nelle mani dei grossi
produttori o speculatori, con la conseguente scomparsa delle comunità rurali
che tante volte sono custodi di biodiversità.
Leader negli investimenti di land grabbing è il fondo
pensione TIAA di New York, che aggrega 5 milioni di risparmiatori che sono
dipendenti di 15.000 aziende dei settori accademico, medico, culturale e
non-profit, per un totale di asset gestiti di 1 trilione di dollari. Mediante
la controllata Nuveen, possiede nel mondo quasi 800.000 ettari di
terreni agricoli, di cui circa 100.000 negli Stati Uniti sparsi tra Illinois,
Indiana, Ohio, Arkansas, Louisiana, Mississippi, Florida, Idhao, California e Washington.
Il CEO è l’economista e giurista Roger Ferguson, ex manager
di Swiss Re (assicurazioni), McKinsey
& Company (consulenza strategica) e Federal Reserve (banca centrale); attualmente
siede anche nel CDA della holding Alphabet, capofila del gigante
informatico Google. Ha iniziato la carriera negli anni Ottanta nello studio legale newyorkese Davis Polk &
Wardwell, dove conobbe la moglie Annette LaPorte Nazareth. Lei è un’avvocata
specializzata in transazioni commerciali e finanziarie, con esperienze
professionali in Lehman Brothers e Citigroup (banche d’affari), ed è
stata commissaria SEC (agenzia federale vigilanza Borsa). Chissà di cosa parleranno
quando sono insieme: dei progetti futuri di accaparramento terriero del fondo
pensione o dei test segreti di robotica agricola nel laboratorio X di Google?
Il fondatore nel 1918 di TIAA è lo scozzese Andrew Carnegie (1835-1919). Negli Stati Uniti fece fortuna nell’acciaio con la Carnegie Steel Company di Pittsburgh, poi venduta nel 1901 per 303 milioni di dollari alla multinazionale finanziaria JP Morgan. È valutato come uno degli americani più ricchi di tutti i tempi. La moglie era Louise Whitfield Carnegie (1857-1946), che da vedova visse in una lussuosa dimora vicino a Central Park.
Il fondatore nel 1918 di TIAA è lo scozzese Andrew Carnegie (1835-1919). Negli Stati Uniti fece fortuna nell’acciaio con la Carnegie Steel Company di Pittsburgh, poi venduta nel 1901 per 303 milioni di dollari alla multinazionale finanziaria JP Morgan. È valutato come uno degli americani più ricchi di tutti i tempi. La moglie era Louise Whitfield Carnegie (1857-1946), che da vedova visse in una lussuosa dimora vicino a Central Park.
Nel 1930
in quella casa lavorava una cameriera appena
diciottenne, sbarcata nello stesso anno a New York da un transatlantico salpato
da Glasgow. Nativa del villaggio di Tong sull’isola scozzese di Lewis, faceva
parte di una famiglia fittavola di un piccolo appezzamento rurale, ma all’epoca
la zona venne impoverita dagli sfratti imposti dai latifondisti per avviare
delle più redditizie attività industriali. Numerosissimi abitanti furono
costretti ad emigrare per ragioni economiche alla ricerca di una vita migliore.
La giovane cameriera era una di loro e si chiamava Mary Anne MacLeod
(1912-2000), nel 1936 sposò un benestante immobiliarista ed ebbe cinque figli,
il quartogenito è Donald Trump: 45° Presidente degli Stati Uniti d’America.