Il perdente radicale di Hans Magnus Enzensberger

Nel film Private di Saverio Costanzo è narrata la vicenda di una famiglia palestinese che vive in una casa situata nella contesa striscia di Gaza. Un giorno l’abitazione viene improvvisamente occupata per motivi di sicurezza dai soldati israeliani che costringono la famiglia ad andarsene ma il padre Mohammad, docente di letteratura inglese, si rifiuta di abbandonare la casa perché significherebbe perdere la dignità ed entrare in una spirale di odio che coinvolge gran parte del paese. Inizia così una convivenza forzata ed uno dei figli del professore, non reggendo alla situazione, nasconde una bomba nella serra da usare contro i soldati occupanti.
Queste circostanze condizionano il giovane palestinese che diventa un “perdente radicale”: una figura politica, che va dal nazismo all’attuale terrorismo islamico, analizzata nel libro dello scrittore tedesco Hans Magnus Enzensberger dal titolo Il Perdente Radicale ed edito nel 2007 da Einaudi. Per Enzensberger, il perdente diventa radicale quando nel risentimento chiede vendetta e nella risoluzione del conflitto riconosce soltanto il totale annientamento: alla paura senza fine dell’impotenza contrappone il terrore dello sterminio che sigilla la condizione di perdente e allarga i confini all’intera comunità, schiudendo così il fenomeno dell’integralismo. Il fondamentalismo islamico si fonda su una serie di umiliazioni che hanno colpito nei secoli la cultura e la scienza islamica. Una sorta di caduta immaginaria che ha condizionato questa società in un senso di rivalsa verso il resto del mondo, accusato genericamente di questa situazione. L’Occidente si è organizzato in capitalismo, impero e globalizzazione con un “vincente radicale” che non capisce il dramma del “perdente”, il quale scrive Enzensberger: «si ritrae in disparte, diventa invisibile, coltiva il suo fantasma, raduna le proprie energie e attende la sua ora. […] E’ del tutto evidente che la totale dipendenza economica, tecnica e intellettuale dall’Occidente è difficilmente sopportabile. […] Tutto ciò che sostanzia la vita quotidiana nel Maghreb e nel Medio Oriente, ogni frigorifero, ogni telefono, ogni presa elettrica, ogni cacciavite, senza contare i prodotti della tecnologia avanzata, rappresenta quindi, per ogni arabo in grado di pensare, una tacita umiliazione. […] L’irritabilità del perdente radicale cresce con ogni miglioramento che nota negli altri». Lo scrittore tedesco descrive quindi una persona che aspetta e tace con un’enorme energia distruttiva pronta ad esplodere anche collettivamente. Infatti quando il “perdente radicale” esce dall’isolamento e si socializza accende una miccia ideologica che fa esplodere l’impotenza in onnipotenza. Nel mondo ci sono diverse sigle di collettivi di perdenti radicali che sotto la pressione totalizzante del capitalismo globale hanno rinunciato alla conquista o al cambiamento del mondo e si limitano alla difesa di interessi locali o rivendicazioni etniche. Ma oggi, un solo movimento agisce globalmente ed è l’islamismo con un’organizzazione reticolare e flessibile contro l’Occidente decadente, il capitalismo e il sionismo. In un’intervista rilasciata al quotidiano tedesco Die Zeit, Enzensberger spiega che «gli arabi hanno subito un crollo che non è stato elaborato. E l’Islam è il perno di una visione di sé secondo cui, agli occhi di Dio, i musulmani varrebbero più degli altri. […] Per fare un paragone più calzante con questo sentimento di declino e di umiliazione dovremmo ricordare piuttosto una parola chiave:Versailles. La pace di Versailles come momento di cristallizzazione di una collettività di perdenti radicali. Quella è stata la miccia: i tedeschi non hanno elaborato la pace, ed è per questo che ci hanno riprovato. Poi finalmente hanno capito». Di parere contrario a queste affermazioni è il filosofo sloveno Slavoj Zizek spiegando che: «Il terrore islamico fondamentalista non si basa sulla convinzione dei terroristi della propria superiorità e sul desiderio di salvaguardare la propria identità culturale-religiosa dall’assalto della civiltà consumistica globale. Per i fondamentalisti, il problema non è il fatto che li consideriamo inferiori a noi, ma piuttosto che loro stessi si considerano segretamente inferiori (così come, ovviamente, lo stesso Hitler si sentiva inferiore agli ebrei)».
Il merito di Enzensberger è che per la prima volta ha accomunato le due categorie di “perdente” e “radicale” collocando questo fenomeno anche nelle nostre società opulente con individui che improvvisamente esplodono in “Un giorno di ordinaria follia” (film del 1993 con Michael Douglas) sparando all’impazzata nei centri commerciali o uccidendo gratuitamente la persona amata o il vicino di casa. Questa tipologia di persona, nell’introiettare sia il giudizio che il miglioramento degli altri, accresce il proprio risentimento con una combinazione di sottomissione, invidia e rancore contro la spudorata ostentazione della ricchezza da parte dei ricchi e dei potenti allo scopo di umiliare tutti coloro che non hanno i mezzi per procurarsela. Nel “vincente radicale” d’occidente individuiamo l’Ultimo Uomo di Nietzche, senza passioni, incapace di sognare ed alla ricerca della sola comodità e sicurezza. «Noi occidentali – scrive Slavoj Zizek – siamo gli Ultimi Uomini, immersi nei nostri stupidi piaceri quotidiani, mentre i radicali islamici sono disposti a rischiare tutto, impegnati in una lotta nichilista che arriva fino all’autodistruzione». Da qui si intravede una radicale confusione tra chi è il perdente e chi è il vincente. Se siamo di fronte ad uno scontro di civiltà o di barbarie.
[Autore: Saverio Pipitone]