«Pesticidi a tavola»

Recensione del giornalista Daniele Barbieri
[pubblicata il 18/3/2019 in www.labottegadelbarbieri.org]


Un libro indispensabile: db si sbilancia assai e vi invita a leggerlo (anzi studiarlo)

«Informazioni rigorose» che «difficilmente trovano sui media lo spazio che meritano» quando sono «scomode»: ha ragione Patrizia Gentilini (medico oncologo che fa parte di Isde, l’Associazione medici per l’ambiente) nella prefazione a «Pesticidi a tavola» con il sottotitolo «I veleni autorizzati che mangiamo e respiriamo» – Arianna editrice: 128 pagine per 12,90 euri – di Saverio Pipitone.

Conosco l’autore (ogni tanto collabora alla bottega) da anni e fin dall’inizio ho apprezzato la serietà delle sue indagini e la chiarezza della sua scrittura: due qualità indispensabili per un tema così difficile come quello che qui affronta Pipitone cercando di rispondere a tutte le domande, inclusa la più difficile ovvero «come possiamo evitare» (almeno in parte, cioè evitando i prodotti più pericolosi) di essere avvelenati quotidianamente.

Il libro parte dalla notte del 22 aprile 1915 quando a Ypres «la brezza spinge un gigantesco miasma verdastro… con un concentrato di 150 tonnellate di gas nocivo al cloro» verso le trincee francesi. Nei primi 10 minuti morirono 5000 uomini, perlopiù di quelle “truppe coloniali” che erano carne da macello e dunque sempre in prima linea. Pensavano così di vincere la guerra i tedeschi. I due responsabili di quell’orrore chimico erano Carl Duisberg della Bayer e lo scienziato Fritz Haber. Il secondo dopo la guerra vinse il Nobel per la chimica ma venne incriminato come criminale di guerra a causa della violazione delle convenzioni dell’Aja. Era un fanatico patriota ma paradossalmente la sua carriera fu bloccata da Hitler che aveva scoperto le sue origini ebraiche. Aggiungo un’informazione che nel libro non c’è: Clara Immerwahr, la moglie di Haber, pensava che il lavoro del marito era «una perversione della scienza» e il 2 maggio, pochi giorni dopo il primo uso dei gas, si sparò nel giardino di casa (il marito non andò neppure al funerale).

Perchè il libro parte da Ypres? Perchè lì comimciarono l’ecocidio chimico ancora in atto e l’avvelenamento collettivo che dalle trincee si è allungato persino sulle nostre tavole. Crimini di guerra proseguiti in crimini di pace.

La prima denuncia che fa breccia è nel 1962 con il libro-inchiesta «Primavera silenziosa» di Rachel Carson. Ma gli avvelenatori non sono stati fermati e anzi sono sempre più potenti. Pipitone racconta nei dettagli soprattutto la storia di G (così abbrevia il glifosato), il più diffuso e pericoloso fra i pesticidi, nato nel 1950 e oggi fiore all’occhiello della Monsanto che nel frattempo è diventata parte della già citata Bayer.

Fra i molti passaggi significativi del libro c’è il quinto capitolo che ricostruisce «la battaglia degli ulivi» ovvero il CODIRO – «complesso del disseccamento rapido dell’olivo» – e la xylella nel Salento. Una vicenda non conclusa dove l’unico dato positivo è (almeno per me) il protagonismo delle popolazioni.

Il 14esimo capitolo ricorda i «Poison Papers» e i «Monsanto Papers» ovvero i documenti che (a tonnellate) mostrano come i giganti della chimica mettano in atto – sborsando ovviamente fior di soldi – «comportamenti scorretti di manipolazione scientifica e di influenze o collusione con gli enti regolatori nel processo di autorizzazione dei pesticidi». E con i massmedia.

Come il 22 aprile 1915 è il simbolico inizio di un massacro mondiale che non registra soste, così il 27 novembre 2017 potrebbe essere l’emblema di una resistenza che non trovando spazio sui “grandi” media (si scrive Monsanto-Bayer ma si legge “sua santità”) si affida alla satira, oltrechè alla mobilitazione dal basso: quel giorno infatti sul giornale francese online «Urtikan.net» il disegnatore Large «raffigurava la bandiera dell’Europa su sfondo blu» non con le 12 stelle in cerchio ma con «api stecchite» – vedi qui sopra – a indicare che quel giorno l’Unione Europea, concedendo «il rinnovo di G per altri 5 anni», aveva dato un bell’aiuto alla catastrofe ecologica.

Mi fermo qui perchè per approfondire… dovrei riscrivere il libro.

Però fra i tanti dati e documenti (in coda c’è anche una ricca, utilissima bibliografia) voglio evidenziare una storia tutta italiana, quella del Centro di ricerca sul cancro “Cesare Maltoni” dell’Istituto Ramazzini che «nel 2015 ha pianificato un progetto di ricerca a lungo termine sul G e sul formulato Roundup Bioflow». Un’iniziativa che vive e cresce grazie al crowfunding; logico, visto che le istituzioni italiane… guardano altrove.